IL VIRUS DELLA CENSURA

La pandemia sta offrendo l’occasione per riattivare i nostalgici della censura, un vecchio virus che infesta l’umanità da molti secoli. E’ il caso di quanto sta avvenendo a un documentario di quasi mezz’ora, che anticipa un futuro video dal titolo Plandemic, e incentrato su un’intervista alla virologa americana Judy Mikovits. In rete, cliccando sui link, se si usa Chrome il video non viene caricato, in altri browser la censura non è ancora scattata. E’ stato però rimosso da YouTube, Vimeo e Facebook. Comunque il video viene caricato dagli utenti a macchia d’olio su diversi siti, sotto diversi titoli e con pazienza lo si trova.

Il documentario è mal fatto, ha i limiti di tanti prodotti cospirazionisti, le domande dell’intervistatore alla dottoressa Mikovits sono senza efficacia e condite di lodi realisticamente fantasiose all’intervistata. Anche le risposte della dottoressa sono discutibili: ad affermazioni molto interessanti se ne affiancano altre dai tratti paranoici. Eppure io rivendico il diritto mio e di tutti gli altri di poter ascoltare e valutare una interpretazione diversa della realtà che stiamo vivendo, per trarne poi le conclusioni che più mi convincono. La censura è sempre dettata dalla paura, e del resto siamo in un periodo che ha messo la paura al primo posto (la paura del contagio) rispetto a qualsiasi altro sentimento o desiderio degli esseri umani. Se si ha paura di una voce dissenziente sorge il dubbio che tra le parole pronunciate da quella voce ci sia qualcosa di fastidioso e forse di vero: rivendico il diritto di poterlo valutare di persona, senza che mi sia impedito l’accesso a quelle opinioni.
Da notare poi che quella che ho già definito “la bibbia del nozionismo moderno”, Wikipedia, apre la pagina dedicata alla dottoressa con questa definizione “Judy Anne Mikovits (c. 1958) is a discredited American ex-research scientist” (JAM è una screditata ex ricercatrice). Il primo attributo che viene indicato per la dottoressa è “discredited”. E’ come se la pagina di Wikipedia su Silvio Berlusconi si aprisse con “Silvio Berlusconi è un pregiudicato e pluricondannato imprenditore”, oppure “Luigi Di Maio è un ridicolizzato politico italiano”, eccetera.

Judy Mikovits nel laboratorio del Whittemore Peterson Institute for Neuro-Immune Disease, Reno, Nevada, 2011.

Oggi c’è l’ossessione della lotta alla cosiddetta “misinformation”. E allora, per contestare le affermazioni della dottoressa Mikovits nel famigerato video, interviene “Science” (rivista accademica che ha avuto un clamoroso contenzioso con la Mikovits in passato) con un articolo di Martin Enserink e Jon Cohen, non due scienziati, ma due giornalisti.
Molte delle obiezioni di “Science” si limitano a concludere che “There is no evidence”, cioè “non c’è nessuna prova” che quanto sostenuto dalla dottoressa sia vero: ma ciò vuol dire che non ci sono prove contrarie, cioè la dottoressa esprime opinioni che non vengono smentite con dati di fatto, ma solo contestate senza prova contraria. L’articolo si conclude ad effetto, con l’affermazione, in risposta a quanto avrebbe sostenuto la dottoressa nel video: “There is no evidence that microbes in the ocean can heal COVID-19 patients” (Non c’è prova che i microbi negli oceani possano curare i pazienti con covid-19). Qui il lettore che non ha visto il video può pensare che la dottoressa Mikovits sia completamente folle e abbia affermato che ci si cura dal covid-19 andando in spiaggia. In realtà ha detto che andare in spiaggia può essere salutare per tutti e che il nostro sistema immunitario si rafforza, non che i malati si curino in questo modo. Perché stravolgere così deliberatamente le opinioni della dottoressa? Questi dubbi rendono ancora più necessario, per chi vuole crearsi idee autonome sulla situazione che stiamo vivendo, poter accedere alle fonti originali. Invece si tenta di impedire questo accesso, con un rigurgito di logiche censorie.

Così si legge in Assassini di libri. Breve storia della censura sui libri (Giubilei Regnani, 2013): “In tempi lontani la diffusione di testi, redatti in poche copie e destinati a ristrette élite, poteva essere bloccata. La riproduzione a mezzo stampa ha reso più difficile il lavoro dei censori. Oggi l’epoca digitale rende quel lavoro oggettivamente impossibile, una lotta contro i mulini a vento. Ancora una volta la censura si rivela intrinsecamente inefficace e perdente, oggi più che mai. Potrà ostacolare, intimidire, minacciare la libertà d’espressione, ma non potrà vincere.”
Questo vale per i libri, ma anche per le informazioni e le opinioni: il tentativo di censurarle in rete si rivela impossibile, perché le modalità per aggirare la censura e far riemergere video o testi scomodi sono infinite. Usiamole.