OBAMA E TRUMP: TROVATE LE DIFFERENZE

Il 25 maggio 2020 muore l’afroamericano George Floyd, ucciso durante un arresto a Minneapolis (nell’America di Donald Trump). Ma pochi ricordano che il 17 luglio 2014 (nell’America di Barack Obama) un altro afroamericano, Eric Garner, perse la vita in uguali circostanze durante un tentativo di arresto, in quel caso a New York: Garner venne gettato a terra e stretto alla gola, nonostante gridasse esattamente come Floyd sei anni dopo “I can’t breathe” (“Non riesco a respirare”). Garner ha ripetuto quell’invocazione per 11 volte, ma i poliziotti hanno lasciato la presa solo quando è svenuto: un’ora dopo era morto. Garner era accusato di vendere nel suo quartiere delle sigarette sfuse, senza pacchetto: ha avuto la pena di morte per quel presunto reato. Anche in quel caso una telecamera riprese perfettamente l’accaduto, ma il video non ebbe lo stesso effetto di quello che ha inquadrato il brutale arresto di Floyd. Il poliziotto Daniel Pantaleo che strinse al collo l’uomo non è stato mai incriminato e solo nel 2019 è stato licenziato dalla polizia. Nessuna rivolta alla notizia della morte di Garner, niente scontri infuocati con le forze dell’ordine.

Immagini dal video della morte di Eric Garner (2014)

Nessun poliziotto fu arrestato, tantomeno condannato per quel delitto: in compenso almeno 300 persone furono arrestate tra i partecipanti alle grandi manifestazioni di protesta, qualche mese dopo, quando il tribunale decise di non incriminare Pantaleo. E gli arrestati non erano rei di incendi o devastazioni, ma messi in manette solo per accuse di manifestazione non autorizzata e rifiuto di sgomberare le strade.

In America non è cambiato nulla, quindi, in sei anni. E la presidenza Obama non ha lasciato alcun segno innovativo: il comportamento della polizia americana e la repressione delle proteste sono avvenute nel 2014, sotto la presidenza Obama, con le stesse modalità odierne.

Immagine dal video della morte di George Floyd (2020)

Il presidente che tanto piace anche ai progressisti nostrani, Barack Obama, non prese nessuna iniziativa straordinaria di fronte a quell’episodio. Tutto quello che ha fatto è stato esprimersi con parole buone per tutti gli usi, il 3 dicembre 2014, quando il poliziotto Pantaleo è stato scagionato: “Se qualcuno in questo paese non è trattato in modo uguale dalla legge, questo è un problema”. Parole persino meno esplicite (ma sostanzialmente identiche) di quelle pronunciate da Donald Trump il 5 giugno 2020: “Ogni americano deve ricevere un uguale trattamento da parte della polizia”.

La violenza poliziesca, il mantenimento dell’ordine sociale con la repressione, non sono eccezioni, dunque, in America. Sono la regola, che governino i “buoni” democratici di Obama o i “cattivissimi” repubblicani di Trump. Ed è un modello autoritario che non riguarda solo i neri, certamente sottoposti a maggiori sopraffazioni: il povero settantacinquenne “bianco”, morente dopo essere stato gettato a terra dalla polizia a Buffalo lo scorso 5 giugno, ne è la prova.

5 giugno 2020, Buffalo:
la polizia continua a marciare sul corpo dell’anziano ridotto in fin di vita

Una tantum, si può dar ragione a Greta Thunberg, questa volta (guarda caso) meno corteggiata dai media, di solito compiacenti, per questa dichiarazione del 5 giugno: “Aspetto ancora che l’Ue e le singole nazioni democratiche condannino ufficialmente la brutalità della polizia e gli attacchi alla stampa libera che si intensificano negli Stati Uniti”.
Greta, stavolta, ha ragione. E si può aggiungere: quale sarebbe stata la reazione della Ue e di tanti “sinceri democratici” se lo stesso omicidio e le stesse sommosse fossero avvenute, per esempio, in Russia o in Cina, o addirittura in Corea del Nord? Si sarebbero invocate sanzioni, rotture dei rapporti diplomatici, forse persino interventi militari “umanitari”.

Le due morti identiche di Garner e Floyd dimostrano che l’America è sempre la stessa, allora. Ma perché sei anni fa non ci furono rivolte per la morte di Garner, esattamente uguale per modalità e visibilità in video a quella di Floyd? Le risposte possono essere molte: perché il lockdown per il coronavirus ha esasperato i nuovi disoccupati e i più poveri ulteriormente impoveriti; perché Minneapolis sente più di New York il peso del razzismo; e infine perché oggi c’è Trump, dipinto dai democratici come il male assoluto e quindi i media e gli “opinion maker” non fanno le solite prediche contro la violenza e anzi mantengono una sospetta leggerezza nel trattare le devastazioni e gli eccessi delle rivolte (per loro, basta che vinca Biden alle prossime elezioni presidenziali).

Sì, le morti di Garner come di Floyd sono aggravate dal razzismo, in una società come quella americana che non ha mai risolto i problemi di discriminazione. Ma ricordano soprattutto che nella democraticissima America, che ha sempre voluto esportare il suo modello nel mondo, l’ordine è mantenuto con la violenza, la brutalità e la repressione. Per tutti, indipendentemente dal colore della pelle. Che ci sia Obama o che ci sia Trump.