LO STILISTA CHE AMA LE RIVOLTE, MA LICENZIA

Frei Betto, teologo brasiliano esponente della teologia della liberazione, in un recente articolo ha tessuto le lodi di Marc Jacobs, celebre stilista americano. Sostenendo di “non riuscire a respirare” nel Brasile di Bolsonaro, come George Floyd non poteva respirare sotto il ginocchio dello sbirro, il teologo scrive: “Respiro però quando leggo quello che lo stilista Marc Jacobs ha postato su Instagram dopo che uno dei suoi negozi è stato distrutto dalle proteste a Los Angeles: ‘Non lasciate mai che vi convincano che i vetri rotti o i saccheggi sono violenza. La fame è violenza. Vivere per strada è violenza. La guerra è violenza. Bombardare la gente è violenza. Il razzismo è violenza. La supremazia bianca è violenza. L’assenza di assistenza sanitaria è violenza. La povertà è violenza. Contaminare le fonti d’acqua per il profitto è violenza. Una proprietà può essere recuperata, le vite no’.”

Il post di Marc Jacobs su Instagram

Benissimo, parole ampiamente condivisibili, di fronte a tanti perbenisti che si strappano i capelli quando avvengono episodi di vandalismo durante manifestazioni di piazza: non bisognerebbe mai confondere la violenza contro oggetti con quella contro esseri viventi.
Però viviamo in un mondo complicato, e le parole di Jacobs suscitano qualche fastidiosa considerazione “anticapitalistica”.

Marc Jacobs (a destra) con il marito Char Defrancesco

Il signor Jacobs ha un patrimonio netto di 100 milioni di dollari, secondo un dato fornito da Celebrity Net Worth e riferito al 2012. Nell’aprile 2019 Jacobs ha messo in vendita la sua prestigiosa casa di New York a circa 16 milioni di dollari, acquistata nel 2009 per 10 milioni di dollari. Portando a termine la vendita ha dunque 6 milioni di dollari in tasca con una semplice speculazione immobiliare (nel frattempo, con il marito Char Defrancesco si è trasferito in un’altra villa comprata per 9.18 milioni di dollari).

Un bagno della “master suite” nella casa da 16 milioni di dollari di Marc Jacobs

Sei milioni di dollari sono tanti, giusto? Eppure, esattamente un anno dopo, ecco che lo stesso Jacobs licenzia 60 dipendenti della sua azienda, in seguito alla crisi provocata dall’emergenza coronavirus: “Marc Jacobs è costretto a scelte difficili per mitigare l’impatto della crisi. Nelle ultime settimane la griffe ha ridotto il suo organico nei reparti di design e in altri dipartimenti aziendali, a causa delle ricadute del coronavirus e le deludenti vendite dei mesi precedenti” (da “MF Fashion”).
Come informa la Pambianco (società di consulenza che, secondo la sua autodefinizione, “assiste le Aziende della Moda, del Lusso e del Design”), un portavoce ha comunicato che i tagli rappresentano circa il 10% della forza lavoro complessiva. Molto interessante, anche per il linguaggio con cui si giustificano i licenziamenti, la dichiarazione del portavoce: “Visto il sostanziale impatto del Covid-19 sull’industria retail abbiamo intrapreso cambiamenti mirati che permettono alla Marc Jacobs International di adattarsi al panorama in evoluzione e continuare sulla nostra strada per rifocalizzare il business sottolineando l’innovazione creativa che ha sempre definito il nostro marchio. Ciò ha incluso prendere la difficile decisione si eliminare alcuni ruoli e, per un piccolo numero di impiegati, ridurre le responsabilità”.

Marc Jacobs

Il punto è questo: è credibile un personaggio che posta su Instagram una lode delle devastazioni durante le proteste americane e contemporaneamente licenzia il 10% del personale “causa covid”? Con i 6 milioni di dollari in più nel suo portafoglio grazie alla vendita della casa, quanti stipendi potrebbe pagare di quei dipendenti licenziati? Il mondo è complicato, e probabilmente c’è poco da piangere per alcuni di quei licenziati, stilisti ultrapagati che troveranno subito un nuovo e lauto stipendio. Ma resta la contraddizione di fondo: imprenditori ricchissimi che di fronte a momenti di crisi sanno scegliere solo i licenziamenti, cacciando chi lavora per loro pur di mantenere un tenore di vita da nababbi. Se vi sentite male quando vi arriva la bolletta della luce o fate un salto se nella cassetta della posta c’è una busta dell’Agenzia delle entrate, pensate a Marc Jacobs: “La povertà è violenza”.